La vendemmia è tutta manuale e si cerca di entrare il meno possibile tra le piante, Pat del Colmel è stata una tra le prime aziende della zona ad ottenere la certificazione SQNPI.
Un istituzione più che un’azienda agricola. Gabriella e Lino, con il figlio Matteo, quinta generazione, possono perciò essere considerati dei monumenti viventi, dei testimoni della buona viticoltura non condizionata dalle mode, i loro vini hanno nella personalità il pregio maggiore.
Il territorio asolano un tempo era ricco di vigneti principalmente di glera, bianchetta, verdiso, marzemina bianca e la più rara recantina. Per la famiglia Forner soprannominata Pat, la vinificazione inizia nel 1875, con i coniugi Pina e Pietro Forner, l’amore per la terra e per i suoi frutti si è tramandato di generazione in generazione sino ad oggi con Gabriella, Lino e il figlio Matteo.
Attualmente il padre, con l’aiuto del figlio, dirige con grande passione l’azienda. Oltre alla produzione del Prosecco Asolo superiore D.O.C.G., la cantina Pat del Colmel coltiva vitigni autoctoni conservati con cura nel tempo e riscoperti tra i vecchi filari quali: la Bianchetta, la Rabbiosa, la Marzemina bianca e la Recantina. Un patrimonio in via di estinzione riportato a nuova vita in un nuovo spazio dedicato nella nuova cantina interrata, concepita nel rispetto della tradizione ma innovativa nella scelta dei materiali e nelle contenute dimensioni. Tratto distintivo di Pat del Colmel è quello di credere da sempre nel connubio tra valorizzazione dei vitigni autoctoni e moderne tecniche enologiche che ne salvaguardano e valorizzano l’alta qualità.
La Recantina in particolare un vecchio vitigno famoso ancora ai tempi della Serenissima non solo per le sue qualità organolettiche, ma anche per la sua lunga conservazione nei lunghi viaggi di trasferimento nelle navi. Un vino che la famiglia Forner ha riscoperto, compreso e iscritto al Registro Nazionale delle varietà di vite e proposto al mercato per prima fin dal 2008. Fermo, dal colore rosso rubino fruttato e dal carico intenso, che ha bisogno di un lungo invecchiamento (dai 3 ai 4 anni) in botti di rovere, e sei mesi di affinamento in bottiglia. Una produzione che si aggira sulle 10 mila bottiglie all’anno, che vanno a sommarsi alla produzione degli altri vini dell’Azienda Colmello, dal merlot al cabernet, dal prosecco ai bianchi autoctoni, per una produzione complessiva annua di circa 100.000 bottiglie.
La Regione Veneto, oltretutto, nell’iniziativa per la riscoperta dei vecchi vitigni ha inserito la “Recantina”, dopo aver testato il Dna della vite, coltivata da almeno 400 anni nel trevigiano, scomparsa agli inizi del novecento e recuperata dopo un lungo lavoro di ricerca. La rabbiosa rifermentato in bottiglia di un’altra uva sconosciuta ai più,una varietà praticamente estinta già dalla fine del 1800. Il progetto di Lino nel rivalutare quest’uva è nato quando un addetto dell’antifrode, in una visita in azienda, ha scoperto una bottiglia che portava il nome di quest’uva, cosa non a norma di legge. Dopo un controllo dell’addetto e senza nessun risultato di presenza della Rabbiosa in internet, non solo non ha emesso nessun verbale, ma ha consigliato di registrare il nome, cosa che Lino ha fatto il giorno seguente.
Dal campo, campo e mezzo di Pat del Colmel vengono prodotte circa 3000 bottiglie per anno più un altro migliaio di magnum.
Un vino affascinante dal colore giallo intenso e i profumi di albicocca secca, mela cotta, strudel di mele, un leggero pompelmo. In bocca è avvolgente, ben equilibrato, minerale e sapido con una buona persistenza e un leggero tannino in chiusura: si percepisce un leggero retrogusto di caramello e l’acidità tipica di quest’uva viene smussata grazie alla corretta maturazione delle uve.
Sorseggiando il calice di vino parliamo di vigneto, nel quale le rese sono di circa 60/80 quintali ettaro e viene applicata una lotta integrata senza diserbi chimici e concimazioni.